La psicoanalisi delle relazioni oggettuali pone come temi centrali nello sviluppo della personalità sia le interazioni interpersonali che i bisogni istintivi.
Un ulteriore importante contributo da citare è quello degli studi sul mondo infantile che hanno esplorato le modalità secondo cui il comportamento è determinato dall'universo mentale dell'individuo e come tale universo sia popolato da rappresentazioni più o meno stabili di sé e degli altri. Tali rappresentazioni si strutturano nel corso degli anni della crescita tramite le continue interazioni con il mondo esterno ed in particolare con le figure di riferimento – si pensi all’opera di Bowlby - e finiscono con l’essere codificate delle vere e proprie mappe di rappresentazione del mondo e delle relazioni sociali che sono indispensabili per muoversi all’interno della complessità del mondo. Il primo motore nella creazione di tali rappresentazioni sono i bisogni istintivi - che nelle primi fasi della vita costituiscono forze totalizzanti - che vengono tradotti in desideri di soddisfacimento di tali impulsi e quindi in fantasie. Nel corso della crescita queste fantasie evolvono in schemi sempre più complessi che qualche autore ha paragonato a vere e proprie sceneggiature suscettibili di drammatizzazione.
Per differenza di contesto, di nascita e crescita, di esperienze nella primissima infanzia e nelle successive età, ogni individuo è portatore di specifiche fantasie che andranno a costituire, nel tempo, il suo teatro privato , il suo mondo soggettivo caratterizzato da particolari stili nevrotici che determineranno, a loro volta, il comportamento duraturo dell’età adulta.
Alla luce di quanto detto potrebbe apparire l’immagine di una società irrimediabilmente nevrotica – e secondo alcuni lo è – ma queste persone non sembrano ammalate e non si comportano in modo imprevedibile o bizzarro né tantomeno hanno bisogno di interventi psichiatrici per vivere in maniera soddisfacente la loro vita quotidiana ma, d’altra parte, non possiamo ignorare che il loro comportamento poco flessibile potrebbe limitare l’efficacia della loro interazione col mondo.
Se, a questo punto, proviamo a dare uno sguardo a quello che può accadere in una azienda, un manager che distorce costantemente il modo di percepire le persone del suo team e che tende a leggere la realtà circostante in maniera sistematicamente distorta senza mai avere la possibilità di raddrizzare il tiro, si ritroverà a fare i conti con una capacità decisionale non efficace al 100% e con risultati che molto spesso non saranno soddisfacenti quanto le condizioni “oggettive” lascerebbero prevedere.
Le fantasie intrapsichiche dei personaggi chiave sono uno dei principali fattori che influiscono sul loro comportamento nevrotico e che questi a loro volta danno origine a fantasie comuni capaci di permeare tutti i livelli funzionali determinando, di fatto, una cultura organizzativa compromessa da questo stile dominante. Ciò è tanto più vero quando il potere è fortemente accentrato nelle mani di uno o pochi leader.
Infatti all'interno di organizzazioni sufficientemente sane avviene che le varie personalità manageriali si compensino in qualche modo l'un l'altra tendendo a produrre un ambiente neutro o quantomeno misto: ciò non annulla l'influenza della personalità dei vari leader che contribuiranno comunque alla creazione di una determinata cultura e di un determinato clima, ma pare che una varietà meglio assortita di leader nevrotici sia comunque meglio di una cultura caratterizzata da uno specifico e cronico orientamento disfunzionale.
Gli stili, le fantasie, le nevrosi, tendono a perpetuarsi nelle organizzazioni tramite uniformità o complementarietà degli stili nevrotici tra i vari membri; le politiche gestionali e i processi di selezione e socializzazione diventano gli strumenti di propagazione di tali schemi. Questa omogeneità rafforza, nel tempo, i miti e le leggende dell'organizzazione e porta alla creazione di una simbologia di gruppo fatta di fantasie condivise che costituiscono la mappa interpretativa comune a tutti i facenti parte del team di lavoro.
Mintroff e Kilmann parlano, a tal proposito, di mitologia corporativa ; Larçon e Reitter introducono le nozioni di immagine e di identità aziendale quali modalità comuni – consce ed inconsce - di leggere l'organizzazione.